04/02/2024 Fonte: Consultique SCF S.P.A.
Dati Macro
Mix di dati per Eurozona e Stati Uniti, che presentano un bilancio positivo per entrambe le aree. Il PIL dell’Eurozona per il 4Q 2023 è uscito sopra le attese (+0,1% vs 0%), magra consolazione visto che la risultanza è di una stagnazione. Stesso discorso per l’Italia, che presenta anche valori di inflazione ancora in moderazione, al pari di tutta l’Eurozona. Lato Stati Uniti, invece, tornano a salire i ‘nuovi lavori’ (JOLTS), elemento che certifica uno stato stabile (ma buono) dell’occupazione assieme alle buste paga, uscite molto oltre le attese (e disoccupazione in calo al 3,7%). La recessione tanto temuta non appare così vicina. L’incremento degli stipendi invece pone qualche interrogativo sull’effettivo trend discendente dell’inflazione nei prossimi mesi. Da non sottovalutare il dato della produttività, che rimane a supporto di una tonicità dell’economia USA soprattutto sul fronte degli utili aziendali.
Mercati obbligazionari
La settimana scorsa si è chiusa con gli indici obbligazionari governativi col segno più anche se le tendenze viste per quasi tutte le sedute si sono leggermente affievolite sul finale dopo i dati macro di venerdì, dove il mercato del lavoro USA è apparso bello pimpante, sia sotto l’angolatura crescita che su quella dell’inflazione prospettica. È difficile, infatti, pensare che la Fed vada liscia verso un taglio tassi quando non precisamente obbligata dal percorso dell’economia. E questo lo ha detto anche Powell nelle dichiarazioni post meeting: la Fed è ‘aperturista’ verso gli interventi di riduzione del costo del denaro, ma comunque tenendo conto dei dati che vede. La stima dei tre tagli viene da assunzioni macroeconomiche che, va da sé, possono essere confermate in peggio o in meglio. Ergo: taglierà se si potrà o ce ne sarà bisogno. Il decennale USA nell’ottava è passato dal 4,15% di lunedì a quasi il 3,80%, per poi chiudere in area 4%, incorporando tutto il newsflow settimanale e confermandosi ancora in una sorta di terra di nessuno. Gli investitori sarebbero tecnicamente pronti per vedere valori più bassi ma inevitabilmente l’azione attrattiva della Fed pesa. Ed infatti le probabilità di un intervento a marzo sono scese dal 50% di venerdì scorso fino all’attuale 21%, con, ora, un più probabile maggio per un primo intervento. Paradossalmente, è ora la BCE forse più pronta ad essere la prima (75% di intervento ad aprile): il decennale tedesco rimane posizionato al 2,25% di rendimento mentre il pari scadenza italiano ha viaggiato in laterale senza particolari sussulti con una chiusura al 3,80%.
Mercati azionari
L’indice MSCI World (azionario globale) chiude la settimana con un segno più (+1%) e andamenti di segno opposto tra le varie sedute, condizionate dagli esiti della riunione Fed e trimestrali USA. Movimenti infrasettimanale che però non hanno minimamente cambiato il trend generale in corso, che resta positivo sui diversi frame temporali e addirittura riesce a far vedere nuovi massimi agli indici americani. L’S&P 500 chiude l’ottava con un progresso dello 1,4% mentre il Nasdaq dell’1,3%, penalizzato solo in parte dai cali di Alphabet che non ha soddisfatto le già alte aspettative del mercato. Anche Microsoft, pur battendo le stime, è stata oggetto di qualche moderata presa di profitto, se pur inferiore rispetto ad Alphabet. Gli investitori , come detto, si aspettino sempre molto dalle grandi capitalizzazioni del tech, incorporando spesso già tassi di crescita importanti. Inoltre, la competizione all’interno dei segmenti tech, anche per aziende molto affermate, non si cancella (nel caso di Alphabet, l’advertising di Facebook, TikTok e altre). Ci hanno pensato però Meta, soprattutto, e Amazon a dare il (solito) contributo positivo del comparto tecnologico. Il buon andamento dei conti aziendali resta comunque un driver supportivo per le quotazioni di borsa: l’attuale stagione degli earnings evidenzia un tasso di crescita del 5,4% dei profitti, rispetto alle attese del +2,3% di inizio periodo. Le revisions per il resto dell’anno da tempo sono impostate al rialzo, se pur con qualche modesto ritocco nei trimestri a venire (ma con un migliore 2025 in prospettiva). Tra le altre aree regionali, tono modesto per la zona Euro (+0,4%) su cui vi è stato un parziale rasserenamento dopo i dati macro degli ultimi tempi. Si spera che il traino globale della crescita possa riverberarsi anche nel Vecchio Continente. Intanto comunque il downside temuto non c’è e forse è già un risultato accettabile, visto che la geopolitica, si è visto, pesa più di qua che dall’altra parte dell’Oceano. Ancora positivo il Nikkei (+1,1%) e sempre best performer da inizio anno mentre l’Asia ha tirato ancora con l’India (e la Corea) mentre gli indici cinesi sono ripiombati nel downtrend a cui ci avevano abituati.