Tornano al centro delle strategie commerciali di banche e case di investimento i fondi a scadenza, ma sono la soluzione ottimale per i risparmiatori?
A quanto pare non è così ed i primi a sottolinearlo sono i regulator e gli organi di vigilanza.
Con una raccolta di 17 miliardi di euro questa tipologia di prodotti con termine predefinito è tornata a guidare le politiche commerciali delle case di investimento, ma le performance sono deludenti ed i costi risultano eccessivi e spesso nascosti.
Periodicamente, l’ESMA nel suo “Statistical Report - Performance and Costs of Eu Retail Investment Products” sottolinea l’eccessivo livello di costi che il risparmiatore sostiene sottoscrivendo i fondi di investimento che banche e case di investimento collocano ai risparmiatori.
Con particolare attenzione all’Italia, in quanto detiene il primato con fondi di investimento più costosi d’Europa.
Facendo alcuni esempi concreti, un risparmiatore italiano che sottoscrive quote di fondi azionari, mediamente sostiene costi superiori del 33% rispetto alla media europea. Per quanto riguarda i prodotti di risparmio gestito nel loro complesso, i risparmiatori italiani sostengono costi superiori del 40% rispetto ad investitori istituzionali.
Nonostante ciò, il rialzo del rendimento dei titoli di Stato che ha caratterizzato gli ultimi mesi ha consentito il ritorno in grande stile dei fondi a scadenza predefinita, in genere con una durata tra 3-7 anni, che promettono spesso l’incasso di proventi periodici paragonabili a quelli dei titoli di Stato. Il rendimento, però, solitamente non è certo neanche a scadenza.
L’unica certezza sono le laute commissioni di collocamento incassate dalle reti distributive.